Studio dentistico Vignoletti: formazione e avanguardia nell’odontoiatria

Nato per offrire il meglio nel campo dell’odontoiatria ai suoi pazienti, lo studio dentistico Vignoletti ha superato i 45 anni di attività.

Una crescita costante del lavoro, dedicato alla salvaguardia dei denti e alla salute del cavo orale, e una forte spinta alla diagnosi precoce, hanno caratterizzato un percorso ricco di soddisfazioni e riconoscimenti.

Dietro ogni risultato il motore è sempre stato la persona, anzi le persone. A partire dal dottor Gianfranco Vignoletti, che ha dato vita allo studio, fino ad arrivare ai giorni nostri con la gestione del dottor Fabio Vignoletti.

Padre e figlio si raccontano – e raccontano lo studio – in un’intervista a due voci. Ascoltiamo le parole di Fabio Vignoletti.

Com’è iniziato il tuo percorso professionale nell’odontoiatria?

Ho iniziato a studiare odontoiatria nel 1995, a Verona. Mi ricordo che durante tutto il periodo del liceo, mio padre Gianfranco mi ripeteva: “Non devi fare odontoiatria, non devi fare odontoiatria”.

Invece, finito il liceo, ho scelto proprio quella strada. Mio padre ha sempre pensato che se mi avesse suggerito di farla, forse non avrei scelto odontoiatria.

Ho terminato gli studi nel 2000. In quegli anni non esisteva  l’Erasmus, ma sono riuscito a fare uno scambio tra Verona e Valencia con il programma di Free Mover. È stata la mia prima esperienza in Spagna, durata un anno.

Questa opportunità, ha avuto diversi risvolti positivi. Innanzitutto ho conosciuto il professor Forner, che è diventato poi un caro amico di famiglia; poi è stato possibile sviluppare un contratto istituzionale con l’università e avviare l’Erasmus tra Verona e Valencia – tuttora attivo. 

Come ha contribuito l’esperienza spagnola alla tua formazione?

Sono tornato a Valencia, questa volta con la prima vera e propria borsa di studio Erasmus. Mio padre già allora mi diceva: “Devi pensare a una specialità”. Ricordo ancora quelle chiamate dall’Italia alla Spagna.

E anche in questo caso, nel mio destino c’era la Spagna. Il dottor Massimo De Sanctis un giorno mi disse: “A Madrid c’è una bella scuola di parodontologia“. 

Così sono approdato a Madrid per due anni, dove ho conosciuto il professor Mariano Sanz. 

Ricordo la differenza pazzesca che c’era tra l’università spagnola e italiana: in Spagna la teoria era in funzione della pratica; mentre da noi la pratica non esisteva, era solo teoria. Un approccio molto più limitante.

Sono rientrato in Italia solo il tempo della laurea e poi via di nuovo.

Cosa è successo negli anni a Madrid?

Io sono stato due anni qui in studio, poi sono sparito per una decina d’anni. Dal 2003 al 2013 sono stato a Madrid.

È stata una fortuna conoscere Mariano Sanz. Grazie a lui ho fatto la specialità e poi il dottorato. Quindi ho avuto quel momento di ricerca pura, di istologia, un ritorno un po’ alle basi.

L’opportunità di conoscere più nel dettaglio la biologia che sta dietro la guarigione delle ferite, dei tessuti; per cui è diventato tutto molto più facile da capire. 

Inoltre il nostro è stato un rapporto di didattica ricevuta e trasmessa. Infatti ho iniziato a insegnare e insegno tuttora.

È stata un’esperienza che mi ha cambiato. Ha rivoluzionato la mia maniera di pensare, di lavorare e mi ha portato poi a tornare in Italia e applicare tutto quello che avevo imparato qui in studio. 

Ho iniziato a lavorare con mio padre a tempo pieno al rientro dalla Spagna. Ed eccoci qua.

Com’è oggi il rapporto con l’università di Madrid?

Nonostante l’impegno della gestione del nostro studio, mantengo sempre i rapporti con l’Università di Madrid

Mio padre dice che sembra mi allontani da un peso per prenderne un altro. In realtà è quello che ha sempre fatto anche lui, ovvero equilibrare il lavoro odontoiatrico e la ricerca.

È come uno sgabello fatto da tre gambe: una è la clinica, il nostro studio Vignoletti, una è la ricerca e l’altra è la docenza

E bisogna cercare di metterle insieme tutte e tre. Se si vuole avere una vita professionale appagante, che sia dinamica, che non sia noiosa, perché diventa estremamente eterogenea. 

Un giorno sei con gli studenti, un giorno sei coi pazienti, un giorno sei al microscopio, per cui diventa un mondo molto più divertente. Più divertente perché è più vario. 

Sicuramente è più interessante e utile per la mia professione e per la qualità che posso portare nello studio.